In vacanza con Rupert

255_toscanaOrmai è una tradizione consolidata da quasi un decennio: ogni estate, nel mese di luglio, mi regalo due giorni di vacanza e trascorro un fine settimana in Toscana con Rupert ed alcuni suoi collaboratori.

Rupert, brillante businessman di Londra, classe e aplomb da vero baronetto, lavora nel mio stesso settore, ed è un grande estimatore ed amico dell’Italia. Ci siamo conosciuti dieci anni fa, quando lui, imprenditore di grande successo e capacità, instaurò con la mia azienda solidi rapporti commerciali. Ne fui professionalmente molto onorato; Rupert diventò presto uno dei miei migliori clienti e fu un grande piacere per me – in segno di apprezzamento e di ringraziamento – invitarlo a trascorrere un fine settimana in Toscana, di cui apprezza l’arte, i musei, il fantastico panorama naturale ma anche – e non potrebbe essere diversamente – le eccellenze enogastronomiche.

Negli anni i nostri rapporti professionali si sono consolidati, lavoriamo molto insieme con reciproca soddisfazione, siamo diventati amici e non abbiamo rinunciato all’annuale weekend toscano. Siamo partiti venerdì scorso nel tardo pomeriggio, e durante il tragitto abbiamo inevitabilmente finito con il parlare di politica e di economia. Mi interessava molto sentire il parere di uno straniero sul nostro Paese, così come ero curioso di confrontarmi con lui su tanti aspetti del nostro vivere quotidiano.

Rupert ama l’Italia, ma tante volte – mi ha detto quasi con rammarico – non riesce proprio a capirci. Non riesce a capire, per esempio, come sia possibile che in un Paese in sofferenza come il nostro un neo Direttore della Rai sia stipendiato con 650 mila euro all’anno, o il Capo della Polizia con 600 mila, o il Ragioniere Generale dello Stato con 562 mila, o il Capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria con 544 mila; tutto questo quando il Premier di casa sua, David Cameron – che in quanto a responsabilità ed impegni certamente non scherza -, percepisce un emolumento annuo di 200 mila sterline.

Dov’è l’etica di queste persone, mi chiedeva il mio amico incredulo, dov’è la moralità? Perché non accettano uno stipendio più basso, perché non restituiscono una parte dei denari troppo generosamente a loro elargiti? Non vi descrivo poi la sua reazione quando gli ho parlato dei mille parlamentari italiani, dei loro stipendi, della loro difesa ad oltranza di privilegi inaccettabili… Abbiamo interrotto questo discorso quando la radio ha iniziato a trasmettere le notizie del giorno e pure qui non c’era da andare fieri: borsa a picco, spread alle stelle, speculazione internazionale all’attacco violento dell’Italia… E anche su questi temi Rupert ha voluto dirmi la sua.

Guardando la serie interminabile di aziende, fabbriche, capannoni ed officine che scorreva a fianco dell’autostrada, ha quasi gridato: “Eccole qui la vostre armi migliori contro la speculazione, eccoli qui i cannoni che dovete usare per vincere la guerra che vi hanno dichiarato! Avete un tessuto di piccole e medie aziende unico, che noi inglesi possiamo solo sognare, che producono beni di altissima qualità che il mondo vi invidia. Fatele lavorare queste aziende, rendete loro la vita più facile, aiutatele, spingetele, sostenetele e poi vedrete che Moody’s o Standard & Poor non si permetteranno più di diminuirvi il rating!”

Questa era musica per le mie orecchie! Ho cominciato a parlargli di Unione Italiana, della sua ricetta economica che si basa sulla diminuzione della pressione fiscale, sulla sburocratizzazione, sulla chiusura di Equitalia, sulla necessità di poter accedere al credito, sull’eliminazione degli adempimenti formali… Rupert annuiva, condividendo in pieno, aggiungeva proposte, faceva paragoni con il suo Paese, dava suggerimenti e consigli… E tutti presi a perfezionare la strategia per salvare la nostra economia, quasi senza accorgercene siamo arrivati a Firenze, dove nonostante tutto ci attendeva una bella bottiglia di Chianti.

Gianfranco Librandi