Interrogazione al Ministro dell’economia e delle finanze sulle restrizioni all’uso del contante

Estratto dagli atti parlamentari del resoconto dell’assemblea – seduta 19 settembre 2014.

 

Interrogazione a risposta in Commissione:

LIBRANDI – Al Ministro dell’economia e delle finanze – (5-03597)

 

Per sapere – premesso che:

tra il 2010 e il 2011 il Governo italiano ha varato attraverso tre decreti-legge, poi convertiti dal Parlamento, contenenti misure di limitazione dell’uso del contante nelle transazioni finanziarie, portando il tetto ai pagamenti cash da 12.500 a 5.000 a luglio 2010, poi a 2.500 nel settembre 2011 e infine a 1.000 euro nel dicembre 2011, sanzionando ogni infrazione con il pagamento di una somma che va dall’1 al 40 per cento dell’importo trasferito (a partire da un minimo di 3.000 euro);

 

il regime di restrizioni all’uso del contante vigente in Italia non trova equivalenti tra i principali paesi dell’Unione europea: la Germania, prima economia europea, non impone limiti nell’uso del contante, nonostante l’economia sommersa incida in Germania del 10 per cento) sul Pil; anche nei Paesi Bassi non è previsto nessun vincolo, mentre altrove vigono limiti all’uso del contante meno restrittivi rispetto all’Italia, come i 2.500 euro in Spagna, i 3.000 euro in Francia, l’equivalente di 13.400 euro in Danimarca e i 15.000 euro in Slovenia;

 

una delle maggiori conseguenze negative della limitazione riguarda i consumi dei turisti stranieri in Italia, molti dei quali abituati per costume ad un utilizzo significativo del contante, soprattutto in settori molto caratteristici del Made in Italy;

 

la previsione di una deroga al tetto per l’uso del contante da parte dei cittadini residenti in Paesi non membri della Unione europea e dello Spazio economico europeo è infatti inibita dalle severe regole burocratiche a cui è condizionata, in particolare la rinuncia da parte dell’acquirente del suo diritto alla riservatezza;

 

anche per i cittadini italiani e comunitari, sottoposti senza deroghe al tetto dei 1.000 euro, cioè ad un livello di spesa che molto spesso riguarda acquisti della quotidianità, la disciplina del limite all’uso del contante rappresenta una forte compressione della propria sfera di privacy, perché l’obbligo di utilizzo di strumenti alternativi di pagamento per transazioni superiori ai 1.000 euro comporta il tracciamento dei dati personali rispetto alle scelte e ai gusti personali, alle condizioni di salute, alla natura e alla ragione dei pagamenti effettuati, ai luoghi visitati;

 

per i cittadini meno avvezzi all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento – in particolare, i più anziani – le limitazioni rappresentano un disagio operativo non sempre e non da tutti risolvibile con l’aiuto di familiari e amici;

 

se la riduzione della soglia sull’uso del contante puntava a fare emergere gli illeciti di evasione fiscale, non sembra che siano stati considerati alcuni aspetti: innanzitutto, che il fenomeno evasivo oggigiorno non è mai isolato, ma al contrario viene effettuato su filiere molto lunghe che iniziano e si concludono « senza fattura », trovando comunque in qualche modo come « ovviare » ai limiti imposti; in secondo luogo, per i grandi fenomeni di riciclaggio di denaro, gli strumenti elettronici e la sofisticazione informatica sono spesso fattori facilitanti e non inibenti il crimine;

 

l’esistenza dei limiti all’uso del contante comporta un sussidio forzoso degli esercenti commerciali e dei consumatori a vantaggio degli istituti finanziari, a cui è stata di fatto ceduta una fetta importante della gestione di una delle funzioni pubbliche primarie, quale la moneta;

 

gli ultimi dati sui consumi diffusi dall’Istat registrano un calo generalizzato: dal 2007 a oggi la contrazione del potere di acquisto degli italiani ha causato un danno annuo stimato da Confcommercio in 80 miliardi di euro; la contrazione dei consumi ha penalizzato la tanto attesa ripresa dell’economia, facendo dell’Italia l’unica tra le grandi economie italiane a non aver ripreso a crescere: le stime diffuse dall’OCSE a metà settembre dichiarano l’Italia in recessione anche per il 2014, con un tasso di crescita del PIL stimato al -0,4 per cento (dopo il -1,8 per cento del 2013); secondo l’OCSE e le principali agenzia di analisi internazionali, nel 2015 assisteremo a una flebile ripresa di circa lo 0,1 per cento -:

 

se siano stati valutati gli effetti sui consumi italiani e stranieri nel nostro Paese provocati dalle norme che limitano l’uso del contante e se si intenda, anche attraverso interventi di natura normativa, modificare la disciplina italiana, nella direzione di una maggiore sintonia con quelli vigente negli altri Paesi dell’Unione europea.

(5-03597)