Legge di Stabilità: Dichiarazione di voto sulla Legge di Stabilità 2015

Domenica 30 Novembre 2014, Camera dei Deputati.

La mia dichiarazione di voto per il disegno di legge: Legge di Stabilità 2015 (A.C. 2679-bis-A):

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015). (C. 2679-bis-A).

 

 

“Signor Presidente, Egregi Presidente del Consiglio e membri del Governo, Onorevoli Colleghi,

la legge di Stabilità per il 2015 rappresenta un momento di svolta decisivo per l’Italia. Dopo gli anni difficili e complessi del risanamento e del consolidamento dei conti pubblici – di cui ancora oggi dobbiamo ringraziare gli italiani per lo sforzo fiscale sostenuto – è finalmente arrivata la fase in cui le scelte di politica economica, pur senza derogare ai vincoli di bilancio, iniziano a orientarsi decisamente verso una prospettiva di crescita e competitività.

C’è una misura in questa legge di Stabilità, che da sola vale il voto favorevole: è l’intervento sul costo del lavoro, con la riduzione della componente lavoro dalla base imponibile Irap per circa 5 miliardi annui e la decontribuzione per i neo-assunti per 2 miliardi circa. E’ una boccata di ossigeno importante per le imprese italiane, i cui effetti saranno positivi negli anni a venire, soprattutto se le imprese scommetteranno sul futuro e trasformeranno una parte del risparmio fiscale in assunzioni e investimenti.

Il taglio dell’Irap per il 2015 produrrà effetti sul saldo d’imposta che le imprese avvertiranno solo nel 2016. La decisione del governo di rinunciare al taglio dell’Irap per il 2014, che avevamo approvato prima dell’estate, ha purtroppo rappresentato un rallentamento del percorso di alleggerimento fiscale per le imprese. Sul punto, Scelta Civica ha più volte espresso lealmente la sua contrarietà.

La crisi economica merita risposte già nell’immediato, non tra un anno. Non è mai positivo quando si emanano norme fiscali retroattive, in deroga allo Statuto del Contribuente, perché si diffonde un segnale di incertezza regolatoria e fiscale che depotenzia l’attrattività dell’Italia e rischia di spaventare gli investitori, soprattutto quelli stranieri, meno abituati ai percorsi tortuosi della nostra politica.
Non possiamo correre il rischio che le riforme che oggi emaniamo – l’Irap, il Jobs Act, le regole dello Sblocca Italia – siano percepite come instabili o potenzialmente soggette a modifiche. Siamo condannati ad essere seri, è finito il tempo delle frasi a effetto, degli stop&go, delle “bombe” verbali e degli annunci senza conseguenze pratiche.

La stabilizzazione del bonus Irpef da 80 euro e l’introduzione del bonus bebè per i genitori a reddito basso provano a stimolare i consumi, per riattivare una domanda stagnante. Come già per l’anno che volge al termine, ciò avverrà solo se gli italiani percepiranno il futuro con fiducia. E la fiducia – caro presidente del Consiglio – non nasce in virtù dei soli messaggi di ottimismo che la politica e le istituzioni possono diffondere nell’opinione pubblica, come s’illudeva un suo illustre predecessore.

La fiducia crescerà se il nostro lavoro per la modernizzazione del Paese sarà credibile, coerente e concreto. Sulla riduzione delle tasse, occorre che imprese e famiglie percepiscano che siamo solo all’inizio di un percorso. Appena approveremo definitivamente questa legge di Stabilità, dovremmo avere la sana consapevolezza che essa è un punto di partenza e non di arrivo, perché l’economia mondiale corre più rapidamente di quanto pensiamo.

I margini di recupero di risorse – grazie all’azione di spending review – sono ancora molto elevati, ma si deve avere il coraggio di sfidare chi di sprechi pubblici vive e prospera, in troppi settori della società italiana. Un’idea, tra le tante che possiamo lanciare: il taglio di un punto percentuale all’anno per le prime tre aliquote Irpef, da qui al 2018; anziché 23-27-38%, avremmo a fine legislatura 20-24-35%.

Sarebbe la vera rivoluzione liberale, lasciare più soldi nelle tasche degli italiani, centinaia di euro al mese in più. Ma per realizzare una misura come questa, o per tagliare drasticamente la tassazione sui
redditi di impresa come ha fatto il Regno Unito o come sta facendo la Spagna, abbiamo bisogno di una riduzione della spesa pubblica di almeno 20 miliardi di euro. Sembrano tanti, ma valgono in percentuale molto meno di quanto i padri di famiglia stanno comprimendo le spese familiari in questi anni di difficoltà. Altri paesi, come la Gran Bretagna appunto, hanno realizzato tagli di queste dimensioni.

Con Scelta Civica stiamo conducendo una battaglia serrata contro la vicenda indegna dei vitalizi degli ex consiglieri regionali: continueremo fino a raggiungere l’obiettivo, che è anzitutto di valore etico. Ma nessuno si può illudere che da questo intervento o dalla vendita di qualche “auto blu” arriveranno i miliardi di euro di risparmi necessari ad una reale riduzione del carico fiscale. Bisogna intervenire sui grandi comparti di spesa, anche quando questi sono politicamente sensibili e “rumorosi”.

Nella vicenda dei 4 miliardi di euro di risparmi sanitari chiesti alle Regioni, la politica italiana ha mostrato il peggio di sé. Sappiamo tutti che negli ultimi quindici anni la spesa sanitaria regionale è cresciuta ben oltre le sue reali esigenze, finendo per diventare la longa manus del malaffare di certa cattiva politica.
Gli italiani hanno capito e non si sono prestati al gioco delle lamentazioni. Vigileremo ora perché le Regioni mostrino responsabilità e rispetto per lo stato di crisi economica che stiamo attraversando: chi cederà alla tentazione di alzare le tasse, anziché razionalizzare la spesa, se ne assumerà la responsabilità politica e amministrativa.

Torno ad alcuni punti del provvedimento. Accogliamo favorevolmente la dote aggiuntiva di 220 milioni in tre anni all’Agenzia ICE per la promozione del made in Italy, i 400 milioni in più per gli ammortizzatori sociali, il maggiore sostegno alla ricerca di base, il rifinanziamento della nuova legge Sabatini, sui cui Scelta Civica si batte con costanza da tempo.
Salutiamo con favore il credito d’imposta per le spese di ricerca e sviluppo, ridotto nella portata ma esteso a tutte le imprese, non solo alle piccole. Abbiamo aperto una discussione in Commissione, e auspichiamo che prosegua al Senato, sulla opportunità di non limitarlo alle sole spese incrementali, cioè agli investimenti in ricerca e sviluppo che superano la media dell’ultimo triennio, ma ad una quota più consistente.

Ancora, la riduzione dell’Iva sui libri elettronici al 4%. Quest’ultima è una misura di risparmio e di promozione dell’innovazione tecnologica, cui noi abbiamo creduto fin da subito.
C’è chi segnala l’ipotesi di una procedura di infrazione della Commissione Europea sul tema: da sinceri europeisti, diciamo che l’eventuale procedura sarebbe miope e poco lungimirante; chiediamo pertanto al governo di aprire un tavolo di confronto con Bruxelles, perché giunga il via libera per l’equiparazione dei libri elettronici con quelli cartacei.
Mostriamo ai troppi profeti di sventura nostrani, gli anti-europeisti mantenuti dai soldi del Parlamento Europeo come il “neo-bomber del Milan”, che l’Europa si migliora con il dialogo e la buona politica, non con le urla e l’odio.

A questo proposito, penso che una classe dirigente responsabile, debba affrontare le paure degli italiani – quelle razionali e quelle irrazionali – cercando di dare risposte, non aizzando gli italiani contro gli stranieri.

L’immigrazione è un banco di prova decisivo non solo per l’efficienza delle politiche di governo, ma anche per la qualità dei nostri rapporti con l’opinione pubblica italiana.

Sull’immigrazione ci vuole una battaglia di verità, contro le menzogne. Ci vuole un’alleanza tra i buoni italiani e i buoni immigrati, contro tutti i disonesti stranieri e italiani, contro i criminali, contro i razzisti, contro gli intolleranti.
La buona politica deve saper parlare – ad esempio – alle 500.000 imprese create e gestite da immigrati nel nostro Paese, con un valore di 85 miliardi di euro e un gettito fiscale di 7,6 miliardi di euro all’anno. Imprenditori e lavoratori che pagano le pensioni ai nostri anziani, anche e soprattutto quelli del Nord Italia!
Tra quanto i migranti danno al nostro paese e quanto ricevono, l’Italia ne guadagna circa 3,9 miliardi di euro, secondo un recente studio. E’ un patrimonio di impegno, voglia di fare, creatività e spirito d’impresa che noi italiani dovremmo apprezzare.

Ancora, quando parliamo di “invasione” di stranieri, ricordiamoci sempre che ci sono anche molte delle 830mila badanti, che si occupano di oltre un milione di italiani non autosufficienti, il quadruplo dei ricoverati nelle strutture pubbliche.
Una parte rilevante di spesa sanitaria pubblica viene risparmiata grazie a queste badanti, a volte purtroppo ancora clandestine. Vogliamo, fin da domani, proporre un sistema di agevolazioni fiscali per le famiglie che ricorrono ad una badante per assistere un parente non autosufficiente.

Torno al merito della Stabilità. Sul TFR in busta paga si è trovata una mediazione accettabile, che aumenta la libertà di scelta del lavoratore senza penalizzare eccessivamente le aziende.

Ma sul tema occorre essere chiari con gli italiani: rinunciare al risparmio futuro per un po’ di reddito corrente in più, peraltro tassato con l’aliquota marginale Irpef, non è sempre un buon affare. Si alimenta in qualcuno l’illusione di godere di uno stipendio più alto, ma è un effetto che svanisce presto.

I bassi salari dei lavoratori italiani cresceranno solo se ripartirà la PRO-DU-TTI-VI-TA’, cioè se gli imprenditori faranno la loro parte investendo di più – perché possono farlo – e se i lavoratori condivideranno il progetto di aumentare l’efficienza. Se si vince, si vince insieme!
In questo senso, quello del TFR diventa un falso problema: tanti imprenditori sono disposti a concedere anticipi ai propri dipendenti anche quando non dovessero ricorrere le condizioni minime previste dalla legge, quando sentono di avere dai propri collaboratori un rapporto sereno e costruttivo. Le relazioni tra imprese e sindacati vanno de-ideologizzate, debbono lasciare i salotti buoni della politica e le stanze ministeriali della concertazione. Accantoniamo la contrattazione centralizzata, che finisce per spingere i salari verso il basso. Leghiamo, invece, le retribuzioni alla condivisione dei risultati, spostando il baricentro delle relazioni sindacali fortemente in favore della contrattazione decentrata. E’ una sfida per tutti.

Con soddisfazione, accogliamo il supplemento di riflessione che il governo ha inteso prendersi rispetto all’ipotesi di introdurre il canone TV nella bolletta elettrica. E’ una scelta opportuna, l’esecutivo ha ascoltato le tante voci contrarie che si sono sollevate, inclusa quella del sottoscritto e di altri colleghi di maggioranza.

Ora, però, sfruttiamo questo tempo per elaborare una strategia più ampia per il futuro del servizio pubblico televisivo italiano, la cui qualità e competitività è fortemente penalizzata da una eccessiva intromissione della politica. Una possibile mediazione tra chi vorrebbe la privatizzazione e chi ancora crede nella proprietà pubblica della Rai può essere la seguente: consentiamo all’azienda di viale Mazzini di raccogliere liberamente pubblicità, eliminando i limiti attuali previsti dalla legge Gasparri, che azzoppano la Rai e finiscono solo per favorire la principale concorrente privata.

Signor Presidente del Consiglio, il gruppo di Scelta Civica voterà a favore del disegno di legge di Stabilità per il 2015, dopo aver lealmente operato in Commissione per migliorarne il testo e la portata. Noi continuiamo ad essere quelli che avrebbero voluto e vogliono di più: c’è molto spazio nel dibattito pubblico per chi quotidianamente prova a frenare l’azione del governo, anche e soprattutto all’interno del principale partito di maggioranza; noi siamo quelli che lavorano per accelerare, per spingere il tasso di riformismo del governo sempre più avanti.

Signor Presidente, con questa legge di Stabilità – che rispetta rigorosamente i vincoli europei – e con il Jobs Act, l’Italia offre il suo impegno concreto ai partner continentali e alle istituzioni comunitarie. Ora tocca all’Europa fare la propria parte, perchè noi stiamo facendo la nostra, ormai da tre anni.”