Spending review: Librandi (SC), non basta, piano in 6 punti per rilancio economia

La spending review, se pur rappresenta un lodevole sforzo di razionalizzazione delle spese per eliminare gli sprechi e concentrare le risorse dove è più necessario, non può essere e non deve bastare. Cittadini e imprese non possono aspettare che il Ministro Saccomanni e il Commissario Cottarelli portino a compimento il loro programma di spending review per vedere tasse un pò più basse e meno soldi sprecati nei mille rivoli della Pubblica Amministrazione. Piuttosto, è necessario che il governo metta in campo un semplice ma deciso piano per rilanciare la competitività del nostro sistema, che però non può prescidenre da un’assunzione di responsabilità da parte di tutti“. Lo dichiara il deputato di Scelta Civica, Gianfranco Librandi, membro della Commissione Bilancio di Montecitorio, che spiega: “Basterebbero sei punti, sei interventi per ridare fiato all’economia, ridurre la disoccupazione giovanile, far ripartire i consumi e, al contempo, ristabilire quel rapporto di fiducia tra Stato e cittadini che da troppo tempo manca. Il primo punto – sottolinea Librandi – riguarda il lavoro, e in particolare quello dei giovani: servono contratti aziendali che, come giá scritto nell’agenda Monti, possano interpretare le esigenze locali di ogni azienda, che possano rappresentare un patto di responsabilitá tra cittadino imprenditore e cittadino lavoratore per far tornare le nostre aziende competitive. Il costo del prodotto deve diminuire almeno del 10% e, dato che giustamente non possono diminuire i salari, bisogna trovare raggiungere questo risultato con nuovi investimenti e nuove strategie di impresa, compresa la partecipazione agli utili dei dipendenti e la condivisione delle linee aziendali“.

Misure che non costano niente se non un pò di buona volontà. Il secondo punto – aggiunge il deputato di Scelta Civica – riguarda le pensioni, innalzando quelle minime fino a 750 euro, con la diminuzione proporzionale delle pensioni ‘opulente’. Terzo, dobbiamo ridurre la spesa pubblica andando a toccare i privilegi, fissando ad esempio il tetto massimo di 200 mila euro per gli stipendi dei manager pubblici e dimezzando i gettoni di presenza dei membri dei consigli d’amministrazione pubblici. Ma per ridurre la spesa pubblica – prosegue Librandi – dobbiamo mettere in campo un’arma letale: il buon senso del padre di famiglia, istituendo un premio per quelle amministrazioni e quegli amministratori pubblici, ma anche solo singoli dipendenti della PA, che segnalano sprechi e contribuiscono a far diminuire questi sprechi. Quarto punto, il fisco: basta redditometro, basta spesometro, basta misure repressive. Introduciamo, piuttosto, il fiduciometro e il contrasto di interesse. Il quinto punto riguarda il debito pubblico: bisogna spiegare agli italiani che investire nel nostro debito é un grande affare. Perché vuol dire non pagare gli interessi ad altri soggetti, come stranieri e speculatori. Questo debito, creato dai nostri nonni e dai nostri padri, deve diminuire: dobbiamo credere nella nostra Italia. Per questo propongo di emettere dei titoli che si chiamino ‘L’orgoglio d’Italia’: titoli a tasso zero, per far si’ che chi vuole credere nel proprio Paese abbia anche la possibilitá di farlo senza guadagnarci, solo per il bene del Paese. Il sesto e ultimo punto riguarda la ricerca, l’istruzione, la cultura e la salute: un disegno di legge per coinvolgere in maniera importante la gestione privata nel pubblico. Bisogna aumentare la possibilità di intervento dei privati in questi settori chiave, il cui finanziamento deve essere agevolato anche attraverso la possibilitá di effettuare donazioni e lasciti ‘tax free’”, conclude Librandi.

Articolo pubblicato dal giornale online “Il Velino“.