Storia di un imprenditore italiano giunto in Argentina per superare la crisi

2062-583294A passo d’uomo, immerso nella lettura intensa, emozionante, coinvolgente di Navarro Valls, che mi accompagna nelle 14 ore di volo, mi dirigo da Milano a Buenos Aires. Viaggio Alitalia. Il volo è in orario perfetto, il servizio confortevole e professionale. Sono soddisfatto, nonostante la crisi internazionale, che continua a preoccupare le imprese.

Sono qui con i miei uomini. Italiani veri (del centro, del sud e del nord), pronti per una nuova battaglia sul fronte dell’Italia che lavora. Ci aspetta Dario Wolf, distributore dei nostri prodotti in Argentina, argentino doc dallo sguardo un po’ triste, serio, capelli e naso taglio gaucho, occhi fieri e onesti. Dieci anni fa, in pieno caos di banche e bond argentini, Dario doveva corrispondere, e non ci riusciva, 120 milioni di lire alla nostra società. Dopo un anno di attesa, gli feci una proposta: non pagare, ricominciamo da zero a lavorare. No, fu la risposta, dammi ancora “tiempo”. Così facemmo e lui, in sei mesi, pagò tutto, senza sconto, e ricominciò a lavorare con noi. Che uomo!

Questa è l’Argentina che conosco e che mi emoziona. Un paese pieno di contraddizioni: il peronismo, il razzismo, l’economia che va meglio ma soffre per la diffusa corruzione, una nazione di italiani, spagnoli, indigeni con tanti sogni su un territorio meraviglioso, ricco di risorse e di opportunità.

L’Hotel Alvear di Buenos Aires è fantastico: mi sembra di vivere sul set di un film sul colonialismo. Gli ospiti hanno persino un maggiordomo a disposizione. E che incontri! Passano le ballerine del Moulin Rouge di Parigi, con il loro costume di scena sotto il braccio, suscitando l’interesse dei signori clienti e le invidie delle signore, che non gradiscono il confronto. Il traffico è poco, il tempo mite, vi sono i fiori e il tepore di una primavera prorompente.

Il convegno e la fiera del risparmio energetico e dell’illuminazione sono ospitati nei padiglioni del Ministero dell’Agricoltura. Tanti espositori cinesi propongono curiosità, ma gli europei vendono la qualità, il prodotto professionale, quello su cui investire, soprattutto quando i soldi sono pochi e vanno spesi con parsimonia.

Sì, la parsimonia, la moderazione: è questo che abbiamo notato in Argentina. Con la riduzione degli sprechi e la contrazione drastica del debito con il Fondo Monetario il paese si sta muovendo nella direzione giusta. Entusiasmo e continua ricerca di strategie innovative stanno avvicinando l’Argentina ad un equilibrio economico e sociale secondo il modello europeo.

Ma la crisi? La crisi c’era prima, forse era proprio partita da qui. Bond Argentini, bond Americani, bond Europei, l’epidemia dei titoli tossici, la mancanza di etica delle banche e degli operatori finanziari ha radici profonde. Alcuni governi sudamericani, segnatamente Brasile e Venezuela, fanno del protezionismo il vessillo del loro potere, ma la mancanza di confronto certe volte non paga. I prodotti brasiliani e venezuelani nel nostro settore, l’illuminazione, non sono aggiornati tecnologicamente, risultano invendibili in altre nazioni, privi dei requisiti e delle normative di sicurezza ed ambientali.

Altri paesi dell’America latina, Uruguay, Paraguay, Perù, Colombia stanno invece cercando lo scambio tecnico economico con le nazioni europee, puntando strategicamente sul risparmio energetico, il libero scambio di mercato, il turismo, la collaborazione produttiva.

E’ deciso: costruiremo una fabbrica in Argentina, per facilitare le nostre vendite. La crisi, quella europea e italiana si combatte anche così, consolidando nuovi canali di vendita cercando nuove opportunità. Dopo la TCI Gulf, la TCI Africa, fonderemo la TCI America Latina. Tanto lavoro ma anche una “scusa” per visitare finalmente la Patagonia.

Pubblicato su L’Occidentale